Il Lodo De Gasperi e quel “bagno” fuori stagione

Nel mio diario ho cercato di raccontare povertà, dignità e lotta per la sopravvivenza, soprattutto in un periodo feroce e complesso come quello che è andato dal 1940 al 1945.

Si soffriva la fame, e non era un modo di dire ma la verità: spesso nelle famiglie non c’era abbastanza da mangiare per soddisfare tutti. Nel racconto delle mie memorie non ho inserito i compagni della lotta partigiana, perché non era quello lo scopo che mi ero prefissato. L’obiettivo, piuttosto era cercare di far capire ai giovani di oggi i sacrifici straordinari fatti dai loro nonni per cercare di assicurare loro un futuro migliore. Personalmente ho sofferto prima di pleurite bilaterale e poi di peritonite, con un calvario durato oltre 5 anni tra diverse case di cura e ospedali: San Vito, il Lido di Venezia, Selva di Cadore e Belluno. Ho provato a raccontare le vicende storiche che ho vissuto di persona, prima da combattente per la libertà e poi da sindacalista dei mezzadri. A quel tempo la maggior parte delle persone viveva in case senza la luce elettrica, umide, prive di riscaldamento e con i bagni esterni, quando c’erano. Altrimenti si “provvedeva” in un angolo del cortile o nel letamaio.

Il bestiame, ma anche le galline nel pollaio, rappresentavano risorse importanti. Per cucinare e scaldarsi nella brutta stagione c’era il fogolar. Alla luce di questi stenti nacque il sindacato della Federmezzadri. In Friuli, tra il 1947 e il ’50, si svilupparono le prime lotte per vedersi riconoscere i diritti fondamentali da parte dei grandi proprietari terrieri, naturalmente grazie ai provvedimenti di legge. Ricordo momenti di forte protesta nell’estate del ’47 a San Vito, Morsano e Cordovado. Proprio a Cordovado, nel gennaio del 1948, fu organizzata una grande manifestazione, alla quale lo Stato rispose con una feroce carica di Polizia. Quasi di fronte alle scuole del paese anch’io subii due manganellate alla schiena da parte di un celerino, conservando i lividi e la cicatrice per un mese. In quel periodo ero militare nell’ottavo reggimento alpini e il capitano mi aveva concesso una licenza. I baroni dell’agricoltura non volevano applicare i contenuti del cosiddetto “lodo De Gasperi”, in base al quale il 55% del raccolto spettava al mezzadro e il 45% al padrone. Secondo loro, che sfruttavano anche il lavoro dei bambini per arricchirsi senza fatica, era troppo.

Così, per riuscire ad applicare i contenuti di una legge di Stato, divenne necessario scendere in piazza. Ci furono manifestazioni e pestaggi, con la “Celere” attivata a più riprese dal ministro Scelba come un’arma micidiale per sedare la protesta. Eppure anche il Ministero dell’Interno avrebbe dovuto attivarsi per far rispettare la legge. In quel quadro avvenne la “carica” di Cordovado, che costrinse diversi attivisti del movimento della mezzadria (me compreso) a un “bagno” fuori stagione nella roggia Ligugnana per sfuggire ai colpi di manganello. Non importa: alla fine la nostra tenacia venne premiata e le famiglie poterono godere di una parte significativa dei frutti del loro lavoro.

Manlio Simonato