Buonanotte, fiorellino

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Io non riesco più a sentirla. Io “Buonanotte fiorellino” non riesco più a sentirla. Mi ricorda un funerale durante il quale non ho mai realizzato che non ti avrei vista più. Tranne quando sono partite quelle note, e i miei occhi si sono sciolti nelle lacrime, senza poter più ritrovare la compostezza che fino a quel momento avevo tenuto, come un bambino. In quel momento ho realizzato che quel tumore al cervello ti aveva portata via per sempre, e che non avrei più avuto l’opportunità di abbracciarti o scherzare con te.

Tanto non ti saresti lasciata abbracciare, non ti sono mai piaciute certe manifestazioni di affetto. Tu avevi un carattere forte, schietto, a volte burbero; non tutte le persone potevano fare breccia. Come se sapessi che non avresti avuto tempo per le amicizie di facciata, ma solo per legami veri. Tu avevi la tua particolare sensibilità, riuscivi a capire certe dinamiche prima di tutti, riuscivi sempre ad arrivare al nocciolo della questione senza giri di parole, le persone le potevi anche urtare ma sicuramente le colpivi nel profondo. E nonostante la tua ostentata e divertente misantropia sapevi essere generosa, sempre a modo tuo. Ogni regalo era confezionato con le tue mani e personalizzato per chi doveva riceverlo.

Anche quando la tua malattia si è manifestata hai pensato che, se fossi riuscita a superarla, avresti aiutato altri a farlo, con la tua testimonianza, il tuo tempo, il tuo esempio, con i soldi che volevi racimolare dai tuoi lavoretti. Nessuno meglio di te poteva affrontare un male di quel genere, avevi la stoffa della lottatrice, il DNA dell’agonista. Me lo ricordo ancora com’eri bella quando la tua figura sinuosa si muoveva sui campi da volley, quando lasciavi tutti senza parole per la grazia e la precisione dei tuoi gesti tecnici. Non avevi la statura della giocatrice professionista, eppure ci sei arrivata in serie B. Quanto amavi quel pallone che ti ha accompagnato fedele per tutta la vita, fino all’ultimo giorno, fino all’ultimo viaggio. Tanto da sognarlo quando, dopo l’operazione al cervello, eri costretta in sedia a rotelle. Tanto da inseguirlo ancora, per l’ultima stagione, con la vista periferica sdoppiata, la parziale sordità, la sensibilità diversa dai due lati del corpo, i dolori all’anca e l’equilibrio precario.

Quando nessuno avrebbe pensato che saresti tornata a camminare tu eri lì, nell’ultimo campo di provincia, a ripetere quei gesti anche se il tuo corpo non ascoltava più come prima, e rimanevi la più forte in campo, in quella categoria. Tu mi hai insegnato che se vuoi qualcosa non puoi permetterti di mollare mai, mi hai insegnato che amare e sfidare sé stessi oltre le difficoltà fa raggiungere i traguardi più insperati. Pensa solo alla tua seconda laurea, dopo quella in Statistica.

È vero, dicevi sempre che in Economia si laureano anche le capre (il che la dice lunga sulla stima che avevi di te stessa), ma ci sei riuscita in una condizione in cui chiunque avrebbe avuto difficoltà anche solo a leggere, figurarsi a sostenere degli esami. Con la malattia forse hai sentito che stava arrivando la sera, e la tua vita ha accelerato. Così tante cose volevi fare e così tante hai conseguito, in quel poco tempo e nonostante tutte quelle difficoltà: la laurea, il ritorno alla pallavolo, la tua casa… E quando qualcuno di noi amici fosse turbato da qualche inezia, il solo pensiero del tuo coraggio ci faceva e sempre ci farà vedere le cose da un’altra prospettiva.

Mi mancherai Rossi, la sera è finita, e nella mia mente ti abbraccio anche se non vuoi. “Buonanotte Fiorellino”, anche se non riesco più sentirla…