Come eravamo

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Cordovado come era in origine? Si ha testimonianza dell’esistenza di un fortilizio fin dal 1186 (bolla papale di Urbano III) e quindi di una piccola comunità che viveva in un villaggio raccolta attorno al borgo castellano.

Nel 1477 (architrave portale ingresso) si ultimano i lavori di ristrutturazione e ampliamento del duomo vecchio dedicato a Sant’Andrea apostolo, nostro patrono, in una posizione centrale al paese di allora che oggi ha modificato il suo fulcro nella zona seicentesca del borgo nuovo (burgum novum).

Cordovado, quindi, vive il suo sviluppo grazie alla costruzione del Santuario della Beata Vergine che attiva un convento, stimola la venuta di pellegrini che necessitano di strutture ricettive e quindi pian piano di un nuovo assetto urbano. Unica eccezione è la chiesa di Santa Caterina, che è stata costruita nei primi decenni del ‘300 anteriormente al Santuario, forse in prossimità di un bivio viario o come ospizio per poveri pellegrini. Il borgo castellano, nucleo arcaico di Cordovado, al cui interno con buona probabilità esiste un “castelliere” protostorico (età del bronzo) indica che il sito è in leggera quota ed è in prossimità di un corso d’acqua, elementi determinanti per la scelta difensiva. Ma allora oggi appare falsata l’antica centralità a vantaggio di via Battaglione Gemona che è con Piazza Santa Caterina il nuovo dinamico asse importante sulla SR 463.

Non dobbiamo però dimenticare la genesi urbanistica, perché sarebbe un errore di prospettiva e quindi una cattiva lettura del nostro passato. Pensando all’attuale sistemazione, tutto si rifà al post Santuario e al sette-ottocento, Asilo Infantile costruito ai primi del ‘900, Municipio adattato da ospizio, Palazzo Cecchini settecentesco, tutta una serie di costruzioni in seguito alla edificazione del tempio mariano inaugurato nel 1603, che hanno spostato il cuore di Cordovado, fino alla costruzione della linea ferroviaria Portogruaro/Casarsa nel 1888, che con la nuova stazione ha attirato verso nord l’attenzione commerciale e la centralità del nostro borgo. Ci sarebbe da chiedersi perché l’Abate di Sesto al Reghena, il potente signore dell’abbazia, abbia potuto spingere i suoi confini fino al centro del nostro comune, proprio perché fino almeno al 1600 in questa area non c’era un tessuto urbano. La chiesa di Madonna di Campagna, ad esempio, è stata inaugurata nel 1526 prima del Santuario, ma è un caso particolare ed è il nome stesso che indica un luogo ameno in aperta campagna appunto. O Palazzo Beccaris-Nonis, edificato nel tardo Cinquecento, che come pilone fece da ponte alla futura continuità urbana. Ricordiamoci allora di come entro le mura castellane e oltre piazza al Tiglio la nostra remota comunità viveva, in tempi di carestie, fame, stenti, epidemie e di come da quei semi sia maturata la tradizione, il costume, la lingua che oggi con orgoglio ci tramandiamo dopo essere stati riconosciuti come residenti in uno dei Borghi più belli d’Italia.