Sulla libertà di espressione

Lo scorso gennaio, durante la riunione di redazione, si è aperta una discussione sulla libertà di espressione. Lo scambio di idee ha preso spunto dai fatti di Parigi dello scorso 7 gennaio, giorno dell’attentato di matrice jihadista alla sede del settimanale satirico Charlie Hebdo, condotto dai fratelli Cherif e Said Kouachi, in cui sono rimaste uccise 12 persone (e diverse ferite). Nei giorni successivi, manifestazioni di solidarietà alle vittime e a Charlie Hebdo si sono svolte nelle città francesi ed europee (e non solo).

Ecco le eterogenee posizioni espresse dai redattori del Curtis.

“La libertà di espressione è un diritto intoccabile, ma fino a dove ci si può spingere? È un nostro diritto la provocazione senza limiti? L’insulto e l’offesa rientrano nella nostra libertà? E, d’altra parte, è una libertà quella che viene così facilmente frenata dalla paura delle conseguenze di una parola o di un’immagine?”

“Se è vero che la libertà d’espressione è un diritto, è anche vero che il rispetto reciproco è una necessità più che mai attuale. In un contesto che per la retorica sembra rimandare ai tempi delle crociate, all’accusa di occidente infedele fatta da frange estremiste e deviate non si può rispondere con rappresentazioni che si sa essere vietate nell’altrui pensiero. Questa è una provocazione. Dov’è finito il valore del rispetto come unica base possibile per la convivenza nel mondo globalizzato che il cosìdetto “occidente” sbandiera?”

“Nonostante io pensi che la libertà di stampa e di pensiero sia sacrosanta, penso anche che l’attacco terroristico a Charlie Hebdo sia stata una risposta, seppur esagerata, a diverse e pesanti provocazioni da parte del giornale satirico parigino. Con questo non intendo giustificare questo attacco di violenza inaudita, tuttavia penso che ad ogni azione corrisponda una reazione uguale e contraria. Non si può pensare di giudicare e sfidare così apertamente una religione, senza considerare le conseguenze a cui si potrebbe andare incontro. Ognuno ha il diritto di esprimere la propria opinione, ma era proprio necessario offendere la religione e il profeta islamico? La libertà nostra finisce dove inizia quella altrui, ma d’altronde non ci si può aspettare rispetto, non offrendolo per primi”.

“Ritengo che ognuno sia libero di esprimere ciò che pensa, a patto che non offenda o vada contro la dignità di alcuno“.”Sebbene primi spunti caricaturali si ritrovino nell’arte babilonese, la prima caricatura è su ceramiche della Grecia del V secolo a.C., dove vennero rappresentati uomini illustri dell’epoca durante i momenti più imbarazzanti della giornata. La caricatura fiorì anche a Roma, culla della vera satira politica di cui siamo tributari. In Asia dall’XI secolo ci si sbizzarrì a eseguire pitture e sculture con l’animalizzazione dei personaggi raffigurati. Nel Medioevo si contrapponeva il bene al male: il bello al brutto. La caricatura acquistò il valore di arte grazie anche all’avvento degli strumenti tipografici. Nel ‘700 trionfò anche grazie alle mutate condizioni sociali. In Francia sorsero i primi giornali umoristici ed ai tempi della Rivoluzione la caricatura assunse i colori degli argomenti politici. Il reato di vilipendio alla religione implica danni fisici, vilipendio di persone o danneggiamento di cose, oppure il turbamento di funzioni religiose. Non ritengo la libertà di stampa, come quella religiosa, debba essere soffocata, per proteggere la stessa salute della natura umana”.

Un abuso di satira. Il caso di Charlie Hebdo è stato una violenta risposta a delle provocazioni offensive. L’immagine e la parola sono strumenti comunicativi potenti, per questo richiedono un uso responsabile. Si può parlare di libertà di espressione, ma la satira non può sempre coprire attacchi gratuiti. È uno strumento violento e sempre rischioso ed è stato usato con irresponsabilità: hanno attaccato chi dal principio sapevano non avrebbe sopportato la critica. Di che libertà parlano? Di mettere in pericolo se stessi e gli altri. Si sono nascosti dietro la libertà dell’arte davanti a chi l’arte non la riconosce e la distrugge. Ne è nata una strage inutile. Oggi un’offesa gratuita si fa nelle condizioni di essere compresa, in caso contrario, com’è accaduto, è un po’ come farsi luce con dei fiammiferi in un deposito di esplosivo”.

“Quali limiti dovrebbe incontrare la libertà di manifestazione del pensiero (opinioni e idee), che è una libertà costituzionalmente garantita? Il rispetto del comune senso del pudore, il rispetto dell’onore, della reputazione e anche della riservatezza della persona (quest’ultimo, bilanciato dal diritto di cronaca): limiti oltre i quali si incorre nel reato di ingiuria o diffamazione. Insomma, solidarietà piena a Charlie Hebdo”.