Tenacia e lealtà, l’eredità morale di Don Pietro

Tenace, leale, ostinato. Avevo scelto questi tre aggettivi, 19 anni fa, per rispondere alla domanda di un amico concordiese su don Pietro Perin. «Ma che tipo è il tuo ex parroco che sta venendo da noi?», mi aveva chiesto. Uno che non ama le mezze misure, la diplomazia, i sussurri di corridoio. Un tipo tutto d’un pezzo, da prendere o lasciare. Impossibile da cambiare. 

Cordovado l’aveva preso. Non era semplice, né scontato. Era arrivato nella canonica di Sant’Andrea Apostolo il 23 marzo del 1978, ereditando una situazione non facile per la partenza di don Roberto Battel, molto amato in paese, che aveva prodotto proteste ufficiali tanto forti quanto vane davanti al vescovo di allora. 

“Don Pierino”, come molti lo chiamavano, aveva mostrato subito il suo carattere. Il passato è passato, niente compromessi: con me o contro di me. Un po’ alla volta si era conquistato la fiducia della gente, con poche chiacchiere e tanti fatti. «Io parlo chiaro e dritto – ripeteva -, voi siete liberi di scegliere se ascoltarmi o no». Quante volte, con Augusto, Stefano, Antonio, Piero, Vito e Gigliola, siamo andati avanti a discutere con lui fino a tarda notte; quante altre gli abbiamo chiesto di essere più “elastico”. O almeno di provarci, perché la vita è anche grigia. Raramente siamo riusciti a fargli cambiare idea. Oggi non importa, magari aveva sempre ragione lui. Chissà. Di certo ha saputo guardare avanti con successo. Partendo dal modello della Casa della gioventù di San Vito è riuscito a traslare l’idea di fondo dentro una comunità molto più piccola e meno ricca. Nei suoi 24 anni cordovadesi (quasi una vita) con un gruppo di bravi animatori e catechisti ha riempito l’oratorio e la chiesa, dato spazio ai cori, trasformato il cadente Palazzo Mainardi in un forte centro d’aggregazione (non soltanto giovanile), lanciato l’Estate ragazzi, il Grest e il campeggio estivo, fondato il circolo Acli, promosso il restauro del Santuario della Beata Vergine. 

I confronti non sono mancati, la lealtà e i risultati neppure. Alcuni sono ancora sotto gli occhi di tutti, in forma di eredità morale. Altri sono personali. Ne pesco tre a caso, come tre erano gli aggettivi iniziali: il vaso della vipera, un ciclostilato strappato, una veglia in campeggio. Restano dentro di me, hanno contribuito a farmi diventare quello che sono oggi. Don Pietro se n’è andato a 87 anni, noi non lo dimenticheremo. Grazie. 

Pier Paolo Simonato