Il capitello dell’apparizione

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Pochissimi sono gli scritti che raccontano di quando la popolana cordovadese della famiglia Scantino(a)-Innocente sentì la voce della Madonna presso un capitello; e, tutta la letteratura locale, con supposizioni incerte, ha accompagnato fino ai nostri giorni l’idea che quel capitello si trovasse nelle vicinanze dell’attuale santuario, senza un’autentica documentazione.

Il primo in assoluto a porlo nella prossimità del nuovo santuario cordovadese, fu proprio l’autorevolissimo storico Ernesto Degani.

Il canonico Degani, infatti, scopre un documento cartaceo nell’archivio vescovile del processo alla donna, già logoro a quel tempo ed ora irrimediabilmente perduto, del quale ci tramanda la trasposizione. “… magna populi moltitudo confluit ad sacellum Beate Verginis Marie, positum in loco campestri propre oppidum Codubati diecesis cncordiensis devotiones …

Da questo documento si evince che il capitello era posto in una zona vicina, alla città fortificata di Cordovado in aperta campagna che doveva rispetto e devozione alla Diocesi di Concordia; non lontano, quindi, dalla città di Cordovado e non entro i suoi confini o nelle vicinanze dei confini.

Per descrivere la sua storia nel libro “La Diocesi di Concordia” il Degani enuncia: “Prima del 1599, sul sito ove sorge oggidì questa chiesa elegantissima, non vi era che una cappelletta campestre …” , ma non dice dove. Tutti però prendono per oro colato la sua frase di narrazione e da quel momento il capitello da tutti è ritenuto si trovasse nelle vicinanze.

Al processo indetto dal vescovo di Concordia fu interrogato anche il prete di Cordovado di allora, don Franciscus de Becarijs (nativo del luogo e dove i suoi possedevano un palazzo), il quale nel documento afferma testualmente: “Qui fuori di Cordovado, andando verso il Tagliamento, si trova un capitello sopra la strata publica, extra borgum novum Cordubati eundo Sacudellum paenes vadum curegenti“. Francesco Beccaris era cordovadese e non poteva sbagliare dicendo fuori di Cordovado, di là dal borgo nuovo in aperta campagna andando verso Saccudello al guado dei carradori.

Le parole sono chiare, senza dubbi in un luogo campestre fuori di Cordovado, non nelle vicinanze o entro i confini.

Tutti quelli che scrissero più tardi la storia del Santuario di Cordovado, ripresero monotonamente a ripetere: nelle vicinanze del santuario, di fronte alla porta del nuovo santuario, li vicino una donna lavava i panni, li dove c’è la chiesa c’era un capitello, anche per non contraddire quello che il grande Degani aveva detto. Porre il capitello, però, nelle vicinanze dell’attuale santuario è solo continuare oramai un’opinione dei più, data per scontata. Io penso che il nostro canonico autore del libro, non volesse assolutamente indicare il luogo, ma raccontare la storia della nascita del santuario cordovadese.

Il fatto in quell’epoca fece un gran clamore. I diversi miracoli, attirarono una gran quantità di gente che arrivava anche da paesi lontani a supplicare la Madonna e lasciando doni ed elargendo somme per costruire un nuovo capitello. Sul luogo lasciavano anche i mattoni e le tegole.

Al vescovo non sfuggirono i fatti di Cordovado e dopo la visita canonica nel suo piccolo feudo volle gestire in prima persona “l’affare”.

Ci domandiamo: dov’era posto allora il capitello? Le prime planimetrie e disegni del luogo reperiti fin’ora, sono delle mappe del perito Iseppo Cuman e Andrea del Brun.

Quest’ultimo firma nel 1651 per l’acquirente Zambattista Fanzio in presenza d’altro testimonio e homo del Comun de Venchiereto Domenego Zamparo un elaborato sul quale illustra 18 campi del comune di Venchieredo posti in prossimità dell’abitato di Cordovado e lungo il fiume ”detto la Roja che va al molin dela Meracholada Madonna de Cordovado” nel quale non compare alcun capitello1.

Un elaborato del 1675, invece, del perito Iseppo Cuman ci mostra la zona del Venchieredo in prossimità della fontana, dove si possono notare le case (ex Toppani) avvolte da una folta vegetazione e di fronte il capitello, dove secondo noi si manifestò la Madonna.

Ora, se noi guardiamo la teletta sopra la cantoria del Santuario dipinta da Baldassar d’Anna nel 1612, essa è esattamente una fotografia del luogo descritto dal perito Cuman in Venchieredo. Nel 1630 poi, un quadro ex voto del prete2 che portò i 250 pellegrini al santuario di Cordovado, è ancora più ricco di particolari dell’aperta campagna e del gruppo d’edifici. Questi non sono altro che quelli dipinti da Baldassar D’Anna e che rispecchiano i caseggiati descritti dal Cuman (ex Toppani).

Tranquillamente possiamo affermare che se la nostra teoria pecca, l’attenzione dei due abili pittori, abituati ad osservare e non solo guardare con occhio di parte, con dovizie di particolari ci regala il preciso luogo del nostro capitello.

Al contrario, quindi, di quanto si suppone, il capitello ebbe lunga vita anche dopo l’asportazione dell’immagine sacra della Madonna per porla nel nuovo santuario.

Il capitello del Venchieredo sembra proprio quello che noi cerchiamo. Gli storici sono dubbiosi, poiché conoscendo le continue diatribe tra l’abate di Sesto e il vescovo di Concordia, sono convinti che mai l’abate si sarebbe lasciato sfuggire quest’occasione tutta d’oro di tenersi l’immagine per se.

Noi sappiamo però che il vescovo di Concordia aveva l’autorità spirituale dei luoghi, mentre l’abate aveva quella temporale: come la chiesa di Bagnara, che apparteneva al potere temporale dell’abate di Sesto, fu riedificata, invece, nel 1463 per ordine e per la volontà del vescovo di Concordia, così il nostro capitello, pur trovandosi in territorio sestense, fu riedificato dal vescovo Sanudo che prese di petto la situazione.

Forse per una volta, anche in occasione degli ordini dati dal Concilio di Trento, l’abate di Sesto dovette cedere e fare buon viso a cattiva sorte.

Il vescovo di Concordia mise la ciliegina sulla torta preparata per Sesto, per la maggior gloria di nostro Signore e per il bene di tutti, si mise a tacere la cosa costruendo quel capolavoro d’arte che è il santuario della Madonna delle Grazie di Cordovado.

Tarcisio Zanin

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1.    (Archivio di Stato di Venezia, Provveditori sopra li Beni Comunali, Venchiaredo e Stalis, buste 152 e 154). (I beni Comunali di Venchieredo e Stalis, a cura di Paolo Zampese e Pietro Ceolin, dattiloscritto con planimetrie del Cuman, regalato alla biblioteca comunale di Cordovado.)

2.   Scipione Pochipanni, figlio del nobile Annibale di Brescia, porta circa 250 pellegrini al famoso capitello di Cordovado per invocare la Madonna contro la famosa peste del 1630 così ben descritta da Alessandro Manzoni.