Mi ricordo, quel giorno a Cordovado…

Le storie sono la mia vita. Mi piace leggerle, studiarle, inventarle. Mi piace scovarle, raccontarle, condividerle. Le storie mi danno da mangiare, le storie mi fanno respirare.

Qualche settimana fa, in un’intervista, un famoso autore americano ha citato la frase di un anonimo assistente sociale, una frase sulle storie e sulla vita: “Francamente, non c’è nessuno che non possiate imparare ad amare dopo aver sentito la loro storia”.

Questa frase l’ho copiata nel mio taccuino e la rileggo almeno un paio di volte al giorno. Sedici parole che possono cambiare il modo non solo di percepire l’universo delle storie, ma anche gli altri essere umani che sfioriamo e ignoriamo in centinaia di occasioni.

E proprio da questa frase m’è venuta una piccola idea, legata a Cordovado: perché non raccontare, invece che la storia del paese, la storia delle persone che ci vivono? Dopo questo primo pensiero, però, ho capito che dovevo restringere un po’ il campo, altrimento troppo vasto. E quindi il secondo pensiero è stato questo: perché non raccogliere le storie che raccontano “il più bel momento della nostra vita legato a Cordovado”? Un momento, uno soltanto: quello più caro, strano, divertente, commovente. Sarebbe per me un onore poter raccogliere, leggere, ordinare queste storie… per poi unirle tutti insieme a creare una sorta di collage dei momenti di felicità che il nostro paese ci ha regalato.

Forse mi sono dilungato troppo. Prima di lasciarvi, però, vorrei raccontarvi il mio più bel momento legato a Cordovado. Ero piccolo, avrò avuto forse otto anni, e mi ricordo che i ragazzi più grandi erano tornati da una “spedizione”, a cavallo delle loro biciclette, carichi di un materiale meraviglioso: rocchetti e rocchetti di filo colorato che avevano trafugato da una fabbrica abbandonata. Nei miei ricordi, forse un po’ romanzati e vissuti cogli occhi di un bambino, ho chiare le immagini dei ragazzi che sorridevano, degli alberi con i fili colorati che correvano da ramo a ramo, della gioia che quell’esplosione di rosso, giallo, blu, porpora, verde, arancione aveva regalato a un grigio pomeriggio d’estate. Sembrava di stare in una favola. E proprio come nelle favole era scesa la sera, tutti erano rientrati per la cena e per finire i compiti, e la mattina seguente di tutti quei colori c’erano rimasti, a causa della pioggia notturna, solo cumuli di filo grigio, zuppi d’acqua e di fango. Un lampo di colore, breve e intenso, nella vita di un bambino che forse, inconsapevolmente, già allora pensava che da grande, con qualsiasi materiale a disposizione, avrebbe provato a costruire delle storie.

Ecco, questo era il mio ricordo “colorato” legato a Cordovado. E il vostro qual è? Perché non lo scrivete e non lo mandate alla redazione del Curtis Vadi?

Federico Favot