Era “Amore”

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Il bisogno corporale era molto forte. Cercavo la suora, perché mi accompagnasse ai bagni. Non c’era, o era altrove. Cercavo di trattenermi. Non potevo farla nei pantaloni. Mi avrebbero sgridato. Sudavo. Niente da fare. Alla fine cedetti.

La puzza già incominciava ad aleggiare nell’aria circostante, allora cercai un posto dove nessuno potesse vedermi e, soprattutto, sentire… la puzza. Lo trovai dietro un vecchio tiglio del giardino dell’asilo. Mi sedetti fra le grosse radici dell’albero, rannicchiato su me stesso, in attesa che la madre superiora mi trovasse e sfogasse la sua paternale.

Non so quanto tempo rimasi fermo lì, seduto e piagnucolante. So solo che a un tratto sentii una manina che mi toccava sulla spalla. Alzai gli occhi e la vidi. Era Maria. Una mia compagna di asilo. Così bella non l’avevo mai vista. Con quegli occhi dolcissimi che sembrava mi chiedessero: “cosa fai?” E, allo stesso tempo, si rispondessero: “succede anche a me!”.

“Non piangere”, mi disse, prendendomi per mano. “Vieni, andiamo a cercare la suora”. “Ma puzzo”, piagnucolai io. “Anch’io, quando succede”.

Da allora rimanemmo sempre insieme. Giocavamo sempre assieme. In simbiosi. Ci cercavamo per farlo. Da soli non riuscivamo a divertirci.

Così fu anche a scuola. Eravamo in classi diverse. Maschi con i maschi e femmine con le femmine. Solo la ricreazione era promiscua e noi la sfruttavamo per giocare o scambiarci le nostre gioie o i nostri crucci. Verso i dieci, undici o forse dodici anni, una sera di ottobre, dopo Rosario, andammo a giocare a nascondino con i nostri amici. Come sempre ci nascondevamo insieme. Per un pelo non ci scoprirono. Per evitarlo, la presi con tutte e due le mani e la schiacciai sul fieno. Ecco che allora, improvvisamente, sentii scattare dentro di me un sentimento diverso. Era grande, travolgente, che mi pervadeva tutto. Rimasi stordito. Non vedevo più la mia compagna di giochi. Era di più. Era un’altra cosa. Molto più bella. Non sapevo cosa. So solo che ero felice, che non riuscivo a staccarmi da lei. Volevo stare con lei. Volevo stringerla forte. Sempre più forte. Desideravo che il tempo si fermasse. Che il mondo si fermasse. Ripeto, non sapevo cos’era. Ora, dopo tanti anni, lo so. Era “Amore”.

Franco Daneluzzi