L’alba che ci aspetta

Sabato 18 marzo, sono quasi le 18.00. Entriamo all’auditorium Marco Tondat di Cordovado, accolti dal brusio di chi è già presente in sala e da molte face sorridenti che si salutano, si scambiano una stretta di mano, si fermano a comprare una copia del libro che sta per essere presentato.

Maria Teresa è presente all’ingresso, saluta tutti con un sorriso sincero, con gesti colmi di quella gentilezza e cura che fanno sentire accolti. Mario è indaffarato con gli ultimi preparativi sul palco ma sempre attento a riservare una parola o anche solo un cenno di saluto al pubblico che si appresta a prendere posto.

Saliamo sul loggione e incrociamo Marco Sguerzi, che accompagnerà con la voce il pianoforte di Mario. L’Auditorium si riempie velocemente, Maria Teresa e Sabina Fadel (giornalista del Messaggero di Sant’Antonio) prendono posto al centro del palco, affiancate a sinistra da Mario e Marco, e a destra da Marta Capponi e da Sara, sorella dell’autrice.

È quest’ultima che presenta, con poche parole dirette e toccanti, l’associazione “Il dono di Rossana”, e introduce alla presentazione dell’ultima opera di Maria Teresa. Non assistiamo ad un’intervista o ad una “promozione”. Quello che si apre, all’interno dell’Auditorium, è uno spazio di intersezione tra arti: la musica di Mario accompagnata dal canto di Marco Sguerzi, la voce di Marta Capponi che dà vita ai personaggi del libro, lo scambio tra Maria Teresa e Sabina Fadel che sembrano più un pomeriggio di confidenze tra amiche che un’intervista.

Tutto ciò immerge in un’atmosfera familiare, che fa sentire partecipi, che fa entrare in una dimensione di vicinanza e intimità. Poco alla volta cominciamo ad intravedere i protagonisti di questo libro. Ad ognuno di essi Maria Teresa è legata in modo diverso, in ognuno di loro possiamo ritrovare un amico, una madre, un compagno, o noi stessi. Si crea una situazione di condivisione che sfocia, al termine dell’evento, in un coro di voci che si unisce a quella di Marco Sguerzi sulle note di “Meraviglioso”. Ho terminato “L’alba che ci aspetta” in circa un mese. E non perché sia lungo, o sia noioso, o sia ostico da leggere.

Ma perché è un libro che ti assorbe completamente. Alla fine di ogni racconto ti senti allo stesso tempo svuotato e riempito: svuotato dalle banalità, dalle cose quotidiane che diamo per scontate, e riempito dalla bellezza delle piccole cose. L’alba che ci aspetta è speranza, è fiducia, è attenzione. È credere in sé stessi e avere fiducia negli altri. È riconoscersi capaci e sapersi bisognosi di chiedere aiuto, se serve. È tendere una mano all’altro, anche quando noi stessi non siamo sicuri di riuscire a stare in equilibrio. Consapevoli che insieme, una mano ancorata all’altra, si è più stabili. O, perlomeno, si ha meno paura.

Maria Teresa è riuscita, attraverso piccoli racconti di poche pagine, a regalarci scorci di vissuti nei quali tutti noi possiamo ritrovarci. A ricordarci che c’è sempre un nuovo giorno, un nuovo sole, una nuova possibilità. Che c’è sempre un modo per cambiare le cose, per trasformare la paura e il dolore in speranza e tenacia. È nelle nostre mani, nella nostra volontà, nella nostra capacità di fidarci del futuro. “Voglio vivere – pensa Agnese, protagonista dell’ultimo racconto breve – un giorno, un mese, un anno, non lo so, voglio vivere”. È l’istinto primordiale dentro ognuno di noi, il pensiero che riaffiora nei momenti più bui, la spinta che ci ricorda quanto meravigliosa sia questa vita che tanto toglie e tanto dà.

“Il dono di Rossana” nasce dal dolore, come ricorda Sabrina Fadel nella prefazione del libro, e diventa bellezza, diventa amore, diventa condivisione. L’associazione finanzia ogni anno delle borse di ricerca per i tumori cerebrali, cercando di sensibilizzare a questo tema affinché le persone colpite da questo male, e le loro famiglie, si sentano meno sole e abbandonate. Affinché la loro speranza non venga meno. Maria Teresa riesce a farlo con delicatezza e generosità, condividendo il suo dono con chiunque sia pronto ad accoglierlo.

Elisa Neri